30.9.2011
Teatro Fabbricone, h. 21.30
biglietto / ticket 15 € (ridotto 10€)
durata / time 50’
posti limitati, prenotazione consigliata /
limited seats, booking is recommended

 

KINKALERI
I AM THAT AM I
  SCENA CONTEMPORANEA - spettacoli / performances
  I AM THAT AM I

progetto, realizzazione / project, realization Kinkaleri
con / with Anna De Mario
contributo teorico / theoretic advice Lucia Amara
produzione / production Kinkaleri
in collaborazione con / in collaboration with far° festival des arts vivants de Nyon (Svizzera)
con il supporto di / with the support of Xing
Kinkaleri riceve il sostegno di / is subsidized by MiBaC - Dipartimento dello Spettacolo, Regione Toscana
ringraziamenti / thanks to Simona Sandrini, Luca Camilletti, Maria Caterina Frani

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I AM THAT AM I Le serve di Jean Genet fagocitate da una ventriloqua. Un lavoro che fa a meno del classico immaginario dell’autore per proporre una performance ancorata su un doppio livello di rappresentazione. Una performance con la parola e con il corpo, dissociati inesorabilmente ma pronti ad incrociarsi e vacillare. Un testo che nella piena forma della finzione che si finge si apre nell’immagine assente, si spossessa della rappresentazione per consegnarla al suono che si lascia immaginare. Una sola persona in scena, che rappresenta se stessa e che dovrebbe agire mantenendo questi due piani separati. Una sorta di show aperto, un non-show inconcludente, incerto nelle identificazioni dove i contorni si sfumano e tutto diventa misteriosamente un accadimento reale, un evento. Una via di fuga, un tentativo di essere nel teatro più rappresentativo del ‘900 e sovvertirlo dall’interno, aprirlo come Artaud aprirebbe una banana, come un corpo abitato da un virus incubato da tempo.

I AM THAT AM I Les Bonnes by Jean Genet phagocytised by a ventriloquist. A play that can do without the author’s imaginary, to suggest a performance linked to a double level of representation. A performance dealing with the spoken word and with body, both relentlessly dissenting but ready to meet and waver. A text that in the full shape of fiction that pretends to be, opens out to the absent imagine, quits representation in order to give it out to the sound, letting itself meet the eye. Just one person on stage who plays herself and should act by keeping this two levels separate. A kind of open-show, an ineffectual non-show, uncertain into identifications where contours fade and everything mysteriously becomes a real happening, an event. A way to escape, an attempt to be in the most representative theatre of the twentieth’s, to subvert it from inside; to open it up like Artaud would peel a banana, like a body with an Alien inside.

 

link to storify>http://bit.ly/nRF05D